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UMBERTO CUOMO SCRIVE PER NOI

Editoriali e approfondimenti
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Le origini del cane

(puntata n.3) di Umberto Cuomo

In seguito, l’intelligenza della quale l’uomo è dotato gli fece capire che, sotto il profilo alimentare, la carne di un animale morto si deteriorava in tempi brevi, e concepì quindi l’idea di trattenere e custodire gli esemplari catturati.
Ecco quindi che decise di catturare i lupi che gironzolavano presso le sue dimore come scorta alimentare, come fornitori di pellicce e come ausiliari nella caccia.
In questa fase, nella quale l’uomo iniziò ad elaborare tecniche di caccia con l’aiuto dei cani, s’accorse che essi potevano essergli molto utili anche per un altro scopo.
Gli esseri umani primordiali avevano alcune caratteristiche che paiono inconciliabili con la possibilità di sopravvivenza in quei durissimi periodi.
Possedevano un cervello grande e abbastanza evoluto, è vero, capace di sviluppare pensieri e ragionamenti, anche se ancora rudimentali, e avevano anche buona vista. Per contro, l’olfatto era debole e l’udito solo mediocre.
Con queste prerogative essi erano esposti agli attacchi dei predatori notturni: primi fra tutti i grandi se non addirittura giganteschi felini che all’epoca abitavano la Terra.
Trattenendo dei lupi per scopo alimentare o come ausiliari nella caccia, è probabile che l’uomo iniziò ad apprezzare il fatto che questi animali avvertivano ben prima di lui, con il loro udito e il loro fiuto molto più sviluppati dei suoi, l’avvicinarsi di un pericolo, e con il comportamento e la voce (non si può parlare di abbaiate poiché i cani selvatici o inselvatichiti non abbaiano), davano l’allarme. Probabilmente, potendo riposare in modo più profondo i nostri antenati riuscirono ad avere una condizione fisica migliore per pensare, e quindi iniziarono a sfruttare meglio le potenzialità del loro cervello. E’, infatti, il cervello che contraddistingue l’uomo dagli altri animali e che, ancora oggi, è da noi utilizzato solo in parte.
Ausiliare nella caccia, riserva di cibo fresco, fornitore di calde pellicce, attento guardiano; ecco le ragioni che hanno portato gli uomini a catturare, custodire e poi allevare il lupo-cane.
Siamo ancora alla fase iniziale, quindi a circa 10-13 mila anni avanti Cristo.
Non è escluso anche che alcuni cuccioli di lupo siano stati adottati dagli uomini primitivi, magari come giocattoli per i loro bambini, e che poi siano divenuti membri dei vari gruppi umani e partecipi della vita comune.
La cosiddetta “frontiera lupo-cane” non è stata ancora scientificamente individuata, e non è stato trovato il luogo dove questo passaggio è avvenuto.
E’ considerata probabile l’ipotesi che, nella lenta evoluzione dei cànidi, in più parti del globo siano avvenute mutazioni che hanno portato al Canis familiaris, il quale, secondo le indagini dei paleozoologi, sembra apparire prima nell’Europa centrale e poi nel Vicino Oriente.
Un aspetto importante che ha guidato l’integrazione dei lupi nel contesto umano è quello detto “distanza di fuga”, che segnala fino a che distanza un soggetto selvatico permette all’uomo di avvicinarsi. Altro fattore essenziale è costituito dalla “docilità”, ossia dalla capacità di convivere con gli esseri umani, specie i bambini, senza divenire pericoloso; quindi, come sostengono R. e L. Coppinger, “l’addomesticabilità precede l’addomesticamento”.
Dobbiamo ricordare che tutte le teorie sull’evoluzione del cane e dell’uomo, come anche d’altre specie viventi, si basano, di fatto, su di un numero limitato di reperti accertati, e questo rende complessa e difficoltosa la possibilità di ricostruzione degli eventi.
La dottrina che spiega con l’evoluzione delle varie specie il fatto che tutto ciò che esiste ha raggiunto le forme che noi conosciamo non riesce a chiarire molte cose.
Soprattutto non può spiegare perché in tutti i musei del mondo, dai più grandi ai più piccoli, sono conservati e mostrati al pubblico dei visitatori innumerevoli scheletri di dinosauri di tutte le forme e le dimensioni. Sono centinaia, come sono centinaia i reperti di fossili di tutte le epoche, anche delle più remote; e le tracce di piccoli animali marini risalenti a centinaia di migliaia di anni fa si trovano un po’ ovunque sulla Terra: dalle cime dei monti alle pianure.
Dell’uomo esistono solo pochi reperti ossei e non di tutti si hanno certezze.
Accomunati nel mistero delle loro origini, anche i cani non hanno lasciato in tempo preistorico tracce che possano far luce sugli eventi, tant’è che i ricercatori e gli studiosi hanno elaborato teorie e formulato ipotesi, giungendo anche a descrivere questi antichi esseri partendo da dati obbiettivamente molto limitati.
Se vogliamo seguire in modo scrupoloso l’insegnamento di Galileo Galilei (1564 – 1642) che prevede tre livelli di credibilità per accettare scientificamente una teoria, nello studio di alcune specie viventi ci troviamo di fronte a ricostruzioni e supposizioni che presentano più di una lacuna.
Vediamo cosa Galileo Galilei considerava accettabile da una mentalità scientifica.
Per sintetizzare, Galilei ha detto in modo chiaro che qualsiasi teoria, qualsiasi ipotesi, qualsiasi esperimento deve soddisfare almeno uno dei tre cosiddetti “LIVELLI DI CREDIBILITA’ SCIENTIFICA”.
Il Primo Livello di credibilità scientifica è quello delle prove che possono essere riprodotte a piacere dall’uomo e che la matematica può spiegare con formule. Vi appartengono lo studio della gravitazione, dell’accelerazione, dei campi elettromagnetici e così via: tutte cose riproducibili e spiegabili con formule matematiche. Il Secondo Livello di credibilità riguarda quei fenomeni che si propongono più volte ma non possono essere riprodotti dall’uomo: ne sono un esempio le nascite e le morti delle stelle. Accadono diverse volte, possono essere osservate, studiate e spiegate con formule matematiche, ma non possono essere riprodotte a piacere.Il Terzo Livello di credibilità è il più basso sotto il profilo scientifico, in quanto descrive fenomeni che accadono una sola volta e non sono riproducibili, ma deve sempre essere possibile spiegarli in modo preciso, devono avere prove accertate ed accertabili, e soprattutto devono poter essere spiegati in modo matematicamente inconfutabile e con teorie credibili. Ne è un esempio la nascita dell’Universo.
La “teoria Evoluzionista” apparterrebbe a quest’ultimo livello di credibilità scientifica se tutti i passaggi fossero chiariti, ma non è così.

di Umberto Cuomo

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